Sono aree facenti parte della piana di inondazione sulle quali si permette l'espansione (controllata da argini o dalla morfologia del terreno) delle acque di piena, facendole poi rientrare lentamente in alveo nel periodo successivo al passaggio della piena stessa. Permettono di diminuire l'impatto dei disturbi «pulsori» dati dalle piene, quantomeno nelle loro forme più catastrofiche, e sono interventi che si prestano ad essere integrati con altre soluzioni, quali le aree umide e gli interventi in alveo. Ne parliamo più approfonditamente nelle pagine successive e nel sito internet dedicato.
Possono essere di varia natura, ma tutti volti, normalmente, a diversificare e stabilizzare gli habitat disponibili. Si eseguono con tecniche d'ingegneria naturalistica e mirano al raggiungimento di tre obiettivi:
- Creare il massimo della diversità biologica, ampliando lo spettro delle granulometrie del substrato, delle velocità della corrente e delle profondità.
- Consentire una corretta interazione tra le comunità biologiche e la materia organica in tutte le sue forme, mediante il formarsi di strutture di ritenzione stabili in alveo.
- Stabilizzare il fondale e offrire rifugio agli organismi acquatici in caso di eventi perturbanti come le piene.