Garbagnate Milanese è il Comune del parco più prossimo al capoluogo lombardo, già parte della città metropolitana. In passato fu bacino industriale per la produzione di mattoni a servizio della città, grazie ai giacimenti argillosi delle Groane, oggi esauriti. I ruderi delle fornaci rimangono lì testimoni di quella archeologia industriale, in attesa che le propriatà abbiano capacità imprenditoriali per un riuso compatibile con la loro storia. Nei pressi delle fornaci c'è l'ex Sanatorio antitubercolare, opera fondamentale dei milanesi per la lotta alla TBC dei primi del Novecento, immersa in un grande bosco di querce e pini, oggi parte del Parco regionale delle Groane. La tradizione industriale della città è cresciuta per tutto il secolo scorso, con l'apertura dell'Alfa Romeo che ha dato lavoro a migliaia di persone sul territorio per poi scemare inesorabilmente col processo di chiusura imposto dalla Fiat.
Lainate, disposta a fianco del Villoresi, è la citta di Villa Borromeo Visconti Litta, uno fra i massimi gioielli del tardo rinascimento e del barocco lombardo. Il suo Ninfeo è un unicum al mondo, assieme a quello posto nei pressi di Salisburgo. Capolavoro di ingegneria idraulica e arte scultorea del XVI secolo, si ispira forse a marchigegni disegnati da Leonardo da Vinci e mai realizzati; sta di fatto che in uno scenario spettacolare ci corti, grotte, fontane e sculture il visitatore viene accolto e innondato di giochi d'acqua inaspettati e sorpendenti. Una visita imperdibile nella bella stagione.
Il Parco Lura a Saronno inizia nei pressi di un casolare, ormai ridotto ad un rudere: è soprannominato Cascina della Vigna, a ricordare l'antica presenza della vite. Era forse uva americana, una fra le poche coltivate a nord di Milano, in modesti appezzamenti. Durante la seconda metà dell'Ottocento più della metà dei vigneti in Francia e in Italia fu distrutta dagli attacchi di alcuni parassiti. Si fece così ricorso a tali viti d'oltre oceano, immuni ai parassiti, sulle quali vennero innestate talee delle varietà europee, creando così degli ibridi molto rustici tanto da riuscire a cresce nel clima umido e poco solatio delle nebbie padane. Si produceva il Clinto (dalla città di "Clinton" nello Jowa, origine del tralcio), vino mediocre ma abbondante e molto generoso, soprattutto nel Triveneto. La cattiva vinificazione e la presenza nelle bucce di sostanze tossiche, se assunte in dosi eccessive, portarono al divieto della sua commercializzazione: in breve tempo il Clinto scomparve dalle tavole.
Risalendo il corso del fiume, s'incontra la chiesa della Beata Vergine del Carmine posta nel centro di Rovello Porro e nota anche con il nome di Madonna della Lura. E' questa forse la memoria più concreta della tradizione popolare che vuole il fiume fosse chiamato al femminile, anziché al maschile: Perché? Chissà, c'è chi attribuisce l'origine alla lingua insubre o a qualche altra denominazione nordica, c'è chi invece attribuisce la denominazione ad un rapporto affettivo di tipo femmineo.
Rovello lega il proprio nome alla famiglia dei Porro: un'insigne casata che in questo paese aveva la propria villa e che fu protagonista della vita milanese:
A fianco di Rovello vi è Rovellasca: i due toponimi sono chiaramente collegati, e forse derivano dalle campagne ricche di rovi. Nel centro urbano c'è il parco del Burghè. E' oggi un giardino pubblico ricavato da un'antica pozza d'acqua stagnate, "la Zocca", bonificata ad inizio del ventesimo secolo. La Zocca è ora una bella fontana con un getto d'acqua possente che rinfresca l'ambiente soprattutto d'estate. Tutto attorno ci sono lunghi viali di platani che fanno di Rovellasca un borgo molto originale nel contesto del paesaggio basso comasco.
La memoria della Zocca è legata ad un illustre personaggio che qui ebbe i natali, Giovanni Battista Grassi, (Rovellasca,1854 – Roma,1925) medico, zoologo, botanico ed entomologo. Si narra in paese che proprio i suoi ricordi d'infanzia legati a quello stagno lo spinsero ad occuparsi in particolare della malaria, che in quegli anni infestava ancora l'Agro Pontino ad un passo da Roma, dove egli viveva e studiava. Nei suoi studi riuscì a dimostrare la trasmissione dei plasmodi all'uomo, attraverso le ghiandole salivari delle zanzare Anopheles, gettando così una pietra miliare nella lotta contro tale piaga endemica. Ancora oggi la malaria non è affatto eradicata dal pianeta, ma può essere combattuta con buona efficacia, agendo in particolare sul controllo delle colonie di anofele: in Italia questa zanzara non esiste più, anche se non si può escluderne un ritorno.
A nord di Rovellasca si estende Lomazzo. Fu centro mercatale principale del basso comasco, per editto personale del Duca Massimiliano Sforza. E' il borgo che ha dato il nome a Giovanni Paolo Lomazzo (che però è nato a Milano), pittore manierista del secondo cinquecento e poi storico dell'arte, poeta e originalissimo scrittore a cui si devono alcune fondamentali pagine di lettura dell'arte lombarda del cinquecento, fra i chiaroscuri caravaggeschi e il genio leonardesco; a Caronno una chiesina conserva un ciclo di suoi affreschi. Lomazzo è una cittadina industriale, la cui vitalità è legata inscindibilmente ai grandi stabilimenti del cotonificio Somaini, della Henkel produttrice di detersivi e della fonte S.Antonio. Il cotonificio, uno fra i più grandi stabilimenti tessili comaschi, oggi è chiuso ed è stato in buona parte rilevato dall'amministrazione comunale. Accoglie oggi un polo scientifico tecnologico curato dal Politecnico di Como con l'Unione Industriale e altri soggetti pubblici e privati per rilanciare la ricerca e la produzione nell'area insubrica: Comonext.
A Bregnano il Comune ha dedicato il proprio giardino comunale, cerniera fra due aree del Parco Lura poste fra il capoluogo e Puginate, ad Antonio Cederna. Non si può parlare di tutela ambientale del nostro Paese senza ricordare questo straordinario scrittore e giornalista, primo testimone e combattente per il Bel Paese distrutto e minacciato dagli scempi ambientali di ogni tipo. D'antica famiglia valtellinese, fratello dell'altrettanto nota scrittrice Camilla, si laureò a Pavia nel 1947, dopo essere stato esule antifascista in Svizzera, e conseguì la specializzazione in archeologia a Roma nel 1951. Fu la grande passione per le antiche vestigia della città a fargli esplodere, dirompente, dapprima la delusione poi l'ira per l'incuria in cui giacevano troppe meraviglie della città e dello Stivale. Cominciò così a dedicarsi con passione e tenacia a scrivere sui fasti e soprattutto sui nefasti del nostro paesaggio deturpato dalla speculazione e dal lassismo. Scriveva tanto, parlava poco: per più di quarant'anni ha condotto la sua battaglia sulle pagine de il Mondo (1950-1966), del Corriere della sera (1967-1981), su La Repubblica e L'Espresso (1981-1996). E' scomparso nell'agosto del 1996; sei mesi dopo, il 9 marzo 1997, venne festeggiata la prima domenica a piedi sull'Appia Antica, per la quale si era speso in centinaia di articoli e battaglie. A Bregnano ci sarà sempre qualcuno che ricorderà questo mite e battagliero personaggio a cui si deve la nascita di una coscienza ambientalista nel nostro Paese.
Fra Bregnano, Lazzate e Cermenate c'è un boschetto che porta un curioso nome: Battù. Pare si riferisca ad una cogente sconfitta dei Comaschi nel 1126, contro le truppe milanesi attestate su di un'altura, a causa del tradimento di un loro condottiero, Alberico da Bregnano; si segnalò, al contrario, Ardizzone da Cermenate, capostipite di una famiglia di valorosi guerrieri, mentre uno dei suoi figli vi perse la vita.
Cermenate lega il proprio nome al cronista Giovanni, detto appunto "da Cermenate", nato attorno al 1280, sostenitore della casata Viscontea e autore di una "historia" sulle vicende di Milano dal 1307 al 1313 raccolta da Ludovico Antonio Muratori. Si tratta di un fondamentale compendio per conoscere ed interpretare uno spaccato di storia milanese ai tempi delle signorie. La narrazione della Historia è costruita sulle concezioni di fondo di Giovanni da Cermenate, che riguardano la vita, Dio, la fortuna, il potere, la giustizia, il diritto.
Cadorago è il paese dei pittori. Murarte 90 è un'iniziativa culturale che è nata come celebrazione del ventennale del premio di pittura "Lario - Cadorago", svoltosi in 14 edizioni dal 1968 al 1988. Trasformando le vie di Cadorago nella galleria d'arte all'aperto più grande d'Italia, quest'iniziativa si è prefissa di rendere l'arte contemporanea un bene di dominio pubblico, gratuitamente fruibile. Murarte 90 attualmente può vantare un totale di oltre 300 opere eseguite da 233 artisti nazionali ed internazionali, che spaziano dalla pittura alla scultura e alla ceramica. Le opere sono eseguite direttamente sulle superfici murali oppure tramite pannelli successivamente applicati ai muri delle abitazioni. Murarte 90 e' un'iniziativa in continua espansione: nuove opere si aggiungono di giorno in giorno ai muri delle vie di Cadorago.
Guanzate è un paese disposto in cima ad un colle, ai piedi del quale si colloca il Santuario Beata Vergine di San Lorenzo del diciassettesimo secolo; conserva un affresco absidale della Madonna con il Bimbo risalente al 1497. Di particolare interesse è il viale d'accesso abbellito da 14 cappelle della Via Crucis: Il progetto fu affidato all'architetto Bolti e completato nel 1817.
Curioso è il nomigliolo degli abitanti di Guanzate, i Mangiacuscienza. Si narra che, intorno al 1859, anni di guerra e di fame, il Parroco Pietro Mozzanica avesse una cagnetta di nome Coscienza a cui era molto affezionato. Una notte i ladri entrarono nella sua casa, rubarono quel poco che il Parroco aveva ed uccisero la cagnetta per cibarsene. Al mattino il Parroco, ritrovando la pelle e gli avanzi, capì ciò che i ladri avevano fatto. Sconvolto dalla scoperta, alla domenica successiva, durante il sermone richiamò i furfanti alla loro responsabilità e al loro peccato, inveendo contro "chi da Guanzaa m'han mangiaa la Cuscienza col cugiaa" (quelli di Guanzate che mi hanno mangiato Cuscienza con il cucchiaio); l'ironia popolare trasformò l'invettiva del Parroco in un detto tradizionale.
Oltre Bulgarograsso, verso Cassina Rizzardi, si estende un impianto di gelsi conservato dalla Provincia di Como quale testimonianza di un'antica coltura oggi scomparsa, che fu la protagonista per secoli dell'economia comasca. Agli inizi del Novecento il gelso dominava il paesaggio della pianura Padana con i suoi filari capitozzati, dove i bachi da seta costruivano i loro bozzoli, che venivano prelevati per filare la seta; l'industria moderna, la globalizzazione, la mancanza di un ricambio generazionale nelle maestranze necessarie sono stati i fattori che hanno segnato il declino e poi l'abbandono della bachicoltura. Gradatamente i gelsi sono stati estirpati, per ridare più spazio ed energia ai campi seminati. E' rimasta però, fortemente radicata, la capacità e la qualità artistica dei tessitori comaschi, unica vera barriera all'espansione economica dall'oriente, si spera, per lungo tempo.